Il cavaliere dei draghi by Cornelia Funke

Il cavaliere dei draghi by Cornelia Funke

autore:Cornelia Funke [Funke, Cornelia]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:39:47+00:00


Grande festa

Ben, Fiore di Zolfo e Lung erano in cammino verso il villaggio, immersi nella tenue luce del mattino che rischiarava il cielo senza arroventare l’aria.

Come ad annunciarne l’arrivo, stormi di uccelli bianchi volteggiavano sul drago fra strida festose.

Tutto il villaggio era riunito da ore in trepida attesa, i grandi in piedi sulla soglia di casa con i piccoli in braccio. La spiaggia era disseminata di fiori: era il loro benvenuto. Sulle casupole sventolavano aquiloni a forma di drago e perfino i più piccini avevano indossato i vestiti più belli.

A cavallo di Lung, Ben si sentiva come un re. Con lo sguardo cercava i corvi ma pareva che fossero spariti.

Numerosi invece erano i gatti: bianchi, gialli, tigrati, maculati. Erano dappertutto, sui tetti, sugli usci e fra i rami dei pochi alberi. Lung fece il suo ingresso in paese fra due ali di folla e una schiera di mici, avanzando sul tappeto fiorito. Quando scorse il professore, si fermò. La gente gli fece spazio intorno in segno di rispetto. Solo Subaida Ghalib e Ginevra rimasero al loro posto.

«Mio caro Lung» lo accolse Blumenbaum con un profondo inchino. «La tua vista mi rende felice come al primo incontro. Poi ti presenterò mia moglie; intanto, ecco qui mia figlia Ginevra. E questa vicino a lei è Subaida Ghalib: la più illustre dragologa del mondo, che ti aiuterà a ingannare la luna nera.»

Lung si voltò verso di lei. «Davvero puoi farlo?» domandò.

«Penso di sì, Asdaha» rispose sorridente Subaida con una riverenza. «Asdaha vuol dire drago nella mia lingua. Khuea hasiz. Che Dio ti protegga.

Sai che mi ero immaginata i tuoi occhi proprio così?» Esitante, alzò la ma-no e sfiorò le squame di Lung.

A quel punto i bambini persero anche l’ultimo briciolo di timore. Si liberarono dall’abbraccio dei genitori, circondarono Lung e presero ad acca-rezzarlo. Lung li lasciò fare, dando a ciascuno colpetti amichevoli con il muso. Alcuni andavano a intrufolarsi ridacchiando fra le sue zampe; i più arditi si appendevano alla cresta sulla coda per arrampicarsi meglio sulla groppa. Fiore di Zolfo osservava quel brulicare di esseri umani con crescente inquietudine. Le orecchie le fremevano: non riuscì a calmarsi nemmeno sgranocchiando un porcino. Era abituata a evitare gli uomini, a nascondersi quando li vedeva o ne fiutava l’odore. Grazie a Ben aveva imparato a comportarsi diversamente, ma davanti a quella moltitudine di persone era a disagio e il cuore le batteva forte forte.

Quando uno dei bimbi più curiosi le arrivò all’improvviso alle spalle, dallo spavento le cadde il fungo dalla zampa.

«Ehi, tu» gli soffiò come un felino.«Non ti azzardare, soldo di cacio!»

Sgomento, il piccolo si rannicchiò dietro la cresta di Lung.

«Lascialo stare, Fiore di Zolfo» la tranquillizzò Ben. «Non vedi che Lung ci sta?»

Per tutta risposta, la cobolda emise un ringhio sordo stringendo a sé lo zaino, diffidente.

Ma non era alla sacca che il bimbetto era interessato. Con un filo di vo-ce, disse qualcosa nella sua lingua. Dietro di lui ne spuntarono altri due.

«Che cosa vuole da me?» brontolò Fiore di Zolfo. «Questo linguaggio umano mi è quasi del tutto incomprensibile.



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